L’affumicatura: scienza, miti e leggende metropolitane
Ricordo perfettamente i miei primi passi da corsista. Non so oggi, ma all’epoca il mio corso era diviso in un primo set relativo all’approccio in griglia, ed in un secondo che riguardava l’affumicatura.
Beh, al termine del primo “tris”, mi ritrovai a salutare con enfasi i miei compagni di corso, molti dei quali ancora in pista ed uno persino nel team, e gli dissi “allora, ci rivediamo appena inizia il secondo, eh?”. Ero carico di entusiasmo! Di più… potrei dire che tutto quello che avevo fatto fino a quel momento fosse nulla più che un antipasto di quello che reputavo il vero e proprio piatto principale: il Fumo!
Io volevo affumicare, volevo fare Barbecue!
Con stupore però vidi che non tutti erano della mia stessa idea.
È passato qualche anno, certo, la percezione allora era diversa, ma non erano pochi quelli che mi dicevano “non ho tempo per cotture lunghe”, “non mi piacciono i gusti dolci tipici del barbecue”, “preferisco la grigliata all’italiana”.
Si dice de gustibus non est disputandum, no?
Sarei curioso di sapere se nel tempo quelle persone ci hanno ripensato, forse no, eppure oggi mi risulta davvero difficile pensare di tornare a quel tempo in cui il fumo non fosse uno dei miei ingredienti.
Già, non possiamo non considerarlo come tale.
In questo corso virtuale, nel tuo viaggio da rookie, ti avevo promesso di portarti “dallo sgabello all’american barbecue”.
Bene, l’affumicatura rappresenta senza dubbio uno degli ultimi e più importanti passi da compiere.
Che si parli di barbecue tradizionale, quindi Low & Slow, oppure di Hot & Fast, anche spingendoci in ambienti “diversi” come l’affumicatura a freddo, il fumo rimane, sempre, un ingrediente importante, da rispettare, che può dare valore o uccidere definitivamente il nostro piatto.
Cominciamo a mettere ordine.
Prima di tutto definiamo la parola “fumo”
Parliamo di fumo nel momento in cui, in una condizione di combustione parziale, un mix di anidride carbonica e vapore acqueo “porta a spasso” degli elementi corpuscolari che donano ai nostri recettori il caratteristico “aroma”.
Fumo ok, ma come?
Partiamo facendo una distinzione tra dispositivi.

different kind of grills
Ci sono dispositivi che consentono una cottura “non aromatica”, ed altri che hanno una “propria aromaticità”, insita nel processo di combustione.
I primi sono i dispositivi più comuni: i nostri “barbecue” a gas o a carbone. Che tu abbia un 4 fuochi, un kettle, un bullet smoker, un kamado, sai perfettamente che se usi gas o carbone di buona qualità, il tuo calore è quasi “pulito”. Possiamo dire con ragionevole certezza che difficilmente darà un particolare carattere aromatico a quanto cucinerai.
I secondi, invece, sono dispositivi un po’ più particolari, tra cui gli enormi offset a legna oppure i loro “cugini domestici” in grandissima espansione, come il nostro Louisiana Grill: i dispositivi a pellet. In questo caso, a differenza che con il carbone (che ormai libero da quasi ogni “componente aromatica” ha conservato esclusivamente la capacità di “bruciare”) sia i ciocchi di legna sia il pellet si trovano in una condizione in cui la loro combustione genererà un fumo aromatico.
Su cosa impattano queste differenze? Sui nostri tempi di intervento.
Se con un dispositivo a carbone o con un dispositivo a gas noi sapremo che il nostro intervento sarà “successivo” all’accensione (potremmo persino aggiungere diverse aromaticità in diverse fasi della cottura, posando fumi come fossero diversi layers sui nostri alimenti) con un dispositivo a legna o pellet le nostre valutazioni dovranno essere preventive in quanto il nostro stesso combustibile, bruciando, genererà fumo. È chiaro, nessuno ci vieterà mai di aggiungere un log di legno diverso o di preparare un blend di pellet alternativi, ma è evidente che la possibilità di intervento ed il tipo di controllo saranno totalmente diversi.
Escludendo i logs, che per chi non lo sapesse sono i classici “tronchi, ceppi di legno”, quelli che mettereste in un camino, per intenderci, e che interessano in Italia una porzione davvero risicata di popolazione e certamente abbastanza esperta da non essere quella a cui questo articolo si rivolge, possiamo parlare senza indugi di chips, chunks, pellet, segatura.
Diverse possibilità, offerte da diversi marchi e con diversi aromi, ma ognuno ha “il suo perché”. Andiamo a vederli insieme.
Le chips:
Le chips sono il compagno fedele di ogni rookie che si rispetti. Si tratta di scaglie di legno, generalmente grandi circa 2-5 cm per ½ cm di profondità, vendute in sacchetti.
Pro: potrete reperirle con una relativa semplicità, soprattutto quelle dei legni più classici, distribuite dai grandi marchi.
Contro: Durano poco. Molto poco.
Utilizzo: Sulle chips c’è un po’ da dire, soprattutto riguardo domande classiche che oscillano sulla sottile linea rossa che divide il “fanno tutti così” e il “è una cazzata”.
La realtà è che ci sono cose plausibili che nel tempo sono state travestite da supercazzole diventando successivamente vere e proprie bufale, proviamo a vederle insieme:
Prima dell’utilizzo devo tenerle immerse per almeno mezz’ora in acqua così dureranno di più?
BUFALA.
Sono talmente piccole che la loro capacità assorbente cambierà di nulla che tu le tenga in acqua 5 minuti, mezz’ora o un’ora. Dureranno comunque pochi minuti. Diversamente, è vero che è utile bagnarle prima di metterle sulle braci, e ti spiego perché:
Come detto, le chips sono scaglie di legno, generalmente ben stagionato, che appoggiate sulle braci prendono fuoco quasi istantaneamente. Tuttavia, nei primissimi passi di questo articolo ho chiaramente parlato di fumo in presenza di una “combustione parziale”. Il fuoco è nemico del fumo. Se la temperatura è troppo alta, per dirla molto, molto, molto, molto volgarmente “anche il fumo brucia” (è ovviamente più complesso di così, ma potrai approfondire personalmente, se ti interessa). In questo senso, bagnare le chips è molto utile. Perché? Perché quello strato di acqua superficiale (non serve assolutamente che sia stata assorbita) ci consentirà di poter sistemare tutte le nostre cose e chiudere il coperchio PRIMA che le chips prendano fuoco. Una volta chiuso il coperchio, sarà la quantità controllata di ossigeno (il nostro comburente, ne ho parlato qui) a fare il resto.
È vero che se invece che in acqua le immergo in un liquido diverso (whiskey, vino, birra, succhi, latte di cocco, bava di lumaca, acqua santa e chi più ne ha più ne metta) conferirò questo aroma al mio cibo?
Ehm… no. BUFALA.
Un po’ per gli stessi motivi detti prima… ma quanto vuoi che assorba una chips in “tempi ragionevoli?” Zero.
Il concetto di aromatizzare il legno con dei liquidi in modo che apporti un profilo di gusto al cibo è più teorico che pratico anche per il fatto che il liquido investe il cibo sotto forma di vapore, ovvero ACQUA. La componente aromatica al suo interno si misura in PARTI PER MILIONE-Ppm, quindi è in realtà inverosimile che possa attribuire una componente aromatica rilevante (pensiamo al mito della birra nel Beer Can Chicken). Cosa mai potrà trasmettere quel vapore al tuo cibo?
Diverso è per chips provenienti da botti che hanno contenuto vini o altri alcolici per ANNI. La differenza si percepisce già dal colore… Anche lì difficilmente sentirai “l’aroma del vino o del whiskey” ma certamente avvertirai una spinta dominante, probabilmente in termini di dolcezza.
Se tieni particolarmente a conferire alla tua preparazione l’aroma di un alcolico o altro liquido particolare, il mio consiglio spassionato è di usarlo per una marinata o eventualmente spruzzarlo sulla tua preparazione durante l’affumicatura.
È vero che se posiziono le mie chips all’interno di un cartoccio di alluminio (o una vaschetta chiusa) dureranno di più?
SI, verissimo.
In questo caso stai ponendo le tue chips in una camera ad ossigeno controllato, di fatto OBBLIGANDOLE ad una combustione parziale. Ricorda che dopo aver chiuso le chips nel tuo pacchettino di alluminio, o averle posate in una vaschetta richiudendole sempre con alluminio, sarà necessario creare dei buchi in modo che la combustione, per quanto parziale, avvenga (ossigeno controllato non vuol dire assenza di ossigeno).
Questo sistema è probabilmente il più valido per utilizzare delle chips. Considera che se il sistema ti piace, in commercio esistono delle vaschette e dei tubi in acciaio che tu potrai riutilizzare più volte nel tempo.
Le chips sono sicuramente adatte ai dispositivi a carbone, mentre per utilizzarle su dispositivi a gas il “pacchetto” (eventualmente in forma di vaschetta o i tubo) non è più facoltativo ma imperativo. Oltre a fungere da supporto (non potresti certamente appoggiare le chips in equilibrio sui bruciatori) sono indispensabili per creare questa micro camera ad ossigeno controllato, in quanto i dispositivi a gas, per ovvie ragioni legate alla sicurezza, sono dispositivi “aperti” quindi l’apporto di ossigeno è infinito, ergo: le nostre chips durerebbero solo qualche secondo.
I chunks:
I chunks sono dei pezzi di legno un po’ più grandi. Alcune aziende li vendono in pezzi irregolari raccolti in sacchetti, diversamente i nostri preferiti, i Grillgold che utilizziamo in gara, sono perfetti parallelepipedi tutti uguali. In ogni caso, parliamo di chunks quando abbiamo pezzi grandi almeno 8/12 cm per almeno 5cm di profondità.
Pro: la loro dimensione non li espone a problemi di “accensione immediata”. Tutto ciò che ci siamo detti riguardo le chips, con i chunks non vale. Non dovete bagnarli, non dovete preoccuparvi, dovete solo usarli.
Contro: sono più difficili da reperire. Il fatto che “durino di più” per qualcuno rappresenta un “contro” in quanto per cotture brevi potrebbe rappresentare un costo ingiustificato sprecare un chunks intero. Non adatti ai dispositivi a gas.
Utilizzo: Come detto, non c’è nulla di più semplice che utilizzare un chunk. Va solo preso e gettato sulle braci. Personalmente è la tipologia che preferisco e considerando che trovo improbabile affumicare qualcosa per meno di mezz’ora non vedo minimamente il “problema durata”.
Per me il chunk rappresenta la soluzione perfetta se parliamo di dispositivi a carbone.
Se parliamo di dispositivi a gas, di contro, la sua forma lo rende troppo grande per leccarde o tubi, così come per una combustione parziale “in camera” di alluminio (così grande probabilmente tenderebbe a disidratarsi e carbonizzare senza dare effettivamente il via a quella semi combustione che genera fumo). Diversamente, nonostante le dimensioni, messo “al naturale” in un dispositivo a gas (ad esempio appoggiato sulla griglia) brucerebbe certamente dopo qualche minuto, a causa dell’elevato apporto di ossigeno.
Il pellet:
Il pellet è un combustibile ricavato dalla segatura che, sottoposta ad altissima pressione, viene trasformata in piccole pezzi di forma cilindrica grazie al potere legante della lignina. Rappresenta una possibilità valida ed estremamente performante. Se il suo utilizzo è ovvio all’interno dei dispositivi dedicati, non molti sanno che è utilizzabile come fossero chips all’interno di appositi tubi per affumicare.
Pro: è caratterizzato da aromi davvero molto intensi
Contro: così come i chunks è più difficile trovarlo “dietro casa”, meglio affidarsi agli E-shop.
Utilizzo:
Dobbiamo distinguere le due modalità.
Se parliamo di un utilizzo aderente a quello delle chips, quindi utilizzandolo esclusivamente per affumicare, dobbiamo ancor di più sottolineare l’impossibilità di usarlo “al naturale”: viste le dimensioni brucerebbe all’istante. È inoltre impossibile bagnarlo, in quanto essendo la segatura tenuta in pressione senza utilizzo di altri leganti chimici, è evidente che in presenza di umidità sopra la soglia consentita si gonfierebbe, alleggerendo la pressione fino a slegare la segatura e ridurre tutto in poltiglia.
Per entrambi questi motivi diventa imperativo l’utilizzo di appositi tubi per affumicatura.
Se parliamo invece di dispositivi a pellet come il Louisiana Grills che ci sta dando così tante soddisfazioni, è la macchina a fare tutto al posto nostro. Una volta riempito il serbatoio con il nostro pellet preferito (o con un blend di diversi pellet), una coclea farà cadere ritmicamente una piccola quantità sul bruciatore in modo da garantirci sempre la temperatura e la quantità di fumo che desideriamo. Più facile a farsi che a dirsi!
Vi lascio inoltre con un piccolo “tip” ricevuto dal nostro amico Riccardo Basile dei Rollin’ Smoke:
Quanto utilizzate il pellet come combustibile, non sottovalutate le proprietà peculiari del legno di provenienza!
I legni più duri (quercia, noce, hickory) hanno durata e potere calorico superiori rispetto ai legni da frutta come melo o ciliegio.
Nessuno vi vieta di utilizzare ciò che preferite ma dovete tenere in conto, soprattutto in condizione di basse temperature esterne, che legni più morbidi vi restituiranno temperature minori e maggior consumo. Per questo motivo non è mai da sottovalutare un blend di diversi pellet, in cui si prova a sfruttare il potere calorico di un legno più performante, smorzandone il carattere pungente con l’utilizzo di legni più dolci e fruttati.
La segatura:
La segatura non ha bisogno di presentazioni… parliamo letteralmente di polvere di legno.
Parliamoci chiaro: difficilmente qualcuno si sognerebbe di affumicare un brisket o delle ribs con della segatura, per quanto sia possibile.
Il vero motivo per cui le polveri esistono, e sono apprezzate, è l’affumicatura a freddo.
Grazie ad apposite serpentine (per un utilizzo nell’outdoor cooking) o a pistole affumicatrici (per un utilizzo in cucina), la segatura è in grado di bruciare rapidamente ed in maniera autonoma, ovvero senza una fonte supplementare di calore esterno. Questo consente di stare abbondantemente sotto i 25° di riferimento per la materia.
Pro: hanno buon profumo e tempi di accensione rapidissimi.
Contro: Non sono il massimo della comodità per cotture tradizionali ma danno il meglio di sé solo in ambiti molto di nicchia come l’affumicatura a freddo o l’affumicatura accennata in alcuni piatti di cucina.
Utilizzo: Esistono in commercio due strumenti praticamente obbligatori per utilizzare le segature, ovvero le serpentine e le pistole affumicatrici. Nel primo caso, la segatura sarà disposta lungo una serpentina che avrà come innesco tipicamente una piccola candela. Successivamente, la combustione avanzerà molto lentamente lungo la serpentina garantendo il fumo necessario per le diverse ore tipiche di una affumicatura a freddo. Nel secondo caso, diametralmente opposto, la pistola scalderà grazie ad una resistenza una piccolissima quantità di segatura, che fumerà immediatamente. Questo fumo verrà tipicamente convogliato in un contenitore chiuso che contenga l’alimento, mantenuto così immerso nel fumo per qualche minuto necessario a dare quell’accenno di affumicatura richiesto.
Le planks:

The joy of planks
Non ho inserito le planks in elenco insieme agli altri legni perché le reputo una categoria a sé stante.
Perché? Ragioniamo!
Tutti i legni per affumicatura già citati hanno una cosa in comune: bruciando parzialmente, producono fumo che investe gli alimenti e gli dona profumo e sapore.
Le planks lavorano diversamente. Per quanto anche loro, ad un certo punto, fumino, la principale caratteristica è che in questo caso l’affumicatura avvenga per contatto.
Le planks sono, come il nome suggerisce, delle “placche” di legno, assimilabili a piccoli taglieri, sulle quali gli alimenti vengono appoggiati durante la cottura. Questo particolare metodo di utilizzo fa sì che durante la cottura non venga trasferito all’alimento solo il fumo (principalmente quello rilasciato dalla porzione di plank non coperta dall’alimento) ma anche gli oli essenziali che il surriscaldamento della placca espone in superficie. Questo spiega per quale motivo uno dei legni più comuni in assoluto in questa forma sia il cedro, altamente ricco di olii essenziali e quindi particolarmente adatto allo scopo.
Pro: La capacità di trasferire sia fumo che olii essenziali è unica. La possibilità di fare da “vassoio” agli alimenti, proteggendoli peraltro dal calore del fuoco, le rende particolarmente indicate per pezzi delicati come filetti di pesce, gamberi, e qualsiasi altra materia prima che necessiti di essere maneggiata il meno possibile per mantenere la propria integrità.
Contro: Le Planks non sono semplici da trovare (soprattutto per aromi diversi dal cedro), non sono economiche, non durano in eterno (a seconda dello spessore della placca è possibile utilizzarla per 2/3 volte.
Utilizzo:
L’utilizzo base delle planks prevede che debbano (loro sì) essere immerse per almeno mezz’ora, successivamente poste sulla griglia nella porzione esposta a calore diretto finchè non inizino a fumare. A questo punto, dopo aver spostato la placca in cottura indiretta, è possibile aggiungere gli alimenti che non andranno più spostati fino al termine della cottura.
Alcuni trucchetti utili:
- Potete immergere più tavolette e successivamente congelarle. Quando vi serviranno basteranno pochi minuti per portarle in temperatura, ma sempre meno della mezz’ora di immersione.
- A differenza delle chips, in questo caso potete utilizzare con più successo l’immersione in liquidi diversi dall’acqua. Il trasferimento per contatto e non per semplice affumicatura farà si che abbiate maggiore successo utilizzando alcolici o altri liquidi particolari.
- Per non fare attaccare gli alimenti, in particolare pesci o tranci con ancora attaccata la pelle, potete usare dell’olio di oliva (sia sulla pelle che sulla placca) o spargere sulla placca del sale grosso, magari accompagnato da erbe aromatiche. Ricorda che gli olii essenziali sono liposolubili, quindi il grasso contenuto nell’olio (o ad esempio nella pelle del pesce) farà si che tu riesca a percepire al meglio sia gli aromi del legno che di eventuali erbe utilizzate.
- Cottura “da manuale” (diretta + indiretta), totalmente diretta o totalmente indiretta? Su questo non c’è una regola fissa. Una volta definito lo standard, potete decidere di sbilanciarlo verso uno dei due estremi in ragione dei tempi di cottura, del legno utilizzato e della quantità di “affumicato” che desiderate.
- Ricorda che non esiste solo il cedro e non esiste solo il salmone!!! Su placca puoi cuocere qualsiasi cosa, dalla carne alle verdure per finire ai dessert! Usa la fantasia!
- Ultimo consiglio: se desideri riutilizzare la tua placca, accertati di spegnerla immediatamente dopo aver prelevato i tuoi alimenti in modo da spegnerla con certezza. Viceversa continuerebbe a consumarsi lentamente e potrebbe persino essere pericolosa se non riposta correttamente!
Le essenze

Grillgold @ our Bootcamp
Una volta capito in che forma possiamo trovare i nostri legni per affumicatura, vediamo insieme alcune delle principali essenze, le loro caratteristiche ed i principali utilizzi.
Non prima, però, di avervi raccontato uno dei nostri aneddoti:
Eravamo all’American Royal, probabilmente la più grande gara di barbecue al mondo, e stavamo avidamente ascoltando uno degli uomini di Big Poppa aprirci inconsapevolmente la mente verso il mondo dell’H&F. Nel momento in cui inizia a parlarci del fumo, prende una scatola di cartone contenente pezzi molto variegati di legna, senza un’etichetta, senza una indicazione. Gli chiediamo che tipo di legna utilizzasse e come facesse a riconoscerla. La sua risposta fu:
Questo è ciliegio, lo riconosco, gli altri forse hickory, non sono certo, non mi interessa.
E noi, a bocca aperta:
Ma come non ti interessa? E il flavour?
Risposta testuale:
It’s all the same shit. I prefer cherry only for the color.
Provocazione? Forse, non ne sono così sicuro. La nostra esperienza ci dice che le differenze sono percepibili (ricordo ancora quando per errore sotto il pork del Doc gettai Faggio invece che Betulla!).
Non vi parlerò di tutti i legni esistenti sulla faccia della Terra, per i quali ci sono migliaia di pagine su internet e pertanto mi vergognerei a fare un semplice copia/traduci/incolla.
“Il mesquite è il legno tradizionale per il brisket nella regione del bla bla bla” is the new “the pen is on the table”
Vi parlerò dei legni che ho utilizzato, provato e apprezzato. Come al solito, vi dò la nostra, personale, esperienza.
Iniziamo con il distinguere tre grandi famiglie: Legni intensi, legni medi e legni delicati.
I legni intensi:

Rude Beef Ribs
Sono normalmente i legni più duri, quelli caratterizzati da alta densità, alto potere calorico ed alta durata. Un’altra cosa che li distingue è un fumo intenso, pungente, esattamente ciò che immaginiamo tipicamente quando pensiamo al “Fumo”. Perché ci è così familiare questa classe di fumo? Perché i legni duri, proprio per le loro caratteristiche di durata, sono quelli che usiamo nel caminetto per scaldarci, o in campagna quando facciamo le braci a partire dai ciocchi di legno. È il legno “standard”, anche perché normalmente ricavato da alberi più grandi e piantati appositamente per essere abbattuti e diventare legna da ardere piuttosto che per dar frutto ed essere longevi.
Abbiamo in questa categoria noce, quercia, faggio, betulla, frassino, hickory, ulivo, pecan e molti altri che mantengono le caratteristiche sopra enunciate.
Tutti questi legni, non starei a distinguere uno per uno, sono adatti a pietanze che sappiano “reggere il confronto”. Tipicamente penso a manzo e altre carni rosse molto saporite, soprattutto se speziate in maniera “importante”.
Noce:
è un legno veramente intenso, ai limiti dell’amaro se usato da solo. Non lo amo particolarmente. Di contro ho trovato molto versatili e piacevoli i gusci di noce da usare come chips per leggere affumicature.
Quercia:
tra i legni duri uno dei più vicini allo spettro dei “medi”. Ottimo legno per iniziare limitando il rischio di “sovraffumicare”.
Faggio:
lo considero il piccolo hickory. Mantiene lo stesso carattere pungente ma molto più delicato e gestibile.
Betulla:
ancora più delicato del faggio, perde anche quella nota pungente rivelandosi il legno duro più elegante che conosca. Il mio preferito, caratterizzato anche dalla capacità di dare un colore molto scuro alle pietanze.
Frassino:
Molto simile al betulla anche se meno profumato. Non è il legno che “comprerei” perché non ha nulla di particolarmente distintivo, ma se lo avete o trovate con facilità è un ottimo tappabuchi e non rischiate di sovraffumicare.
Hickory:
per chi fa barbecue americano è il legno duro per eccellenza, quello da accompagnare assolutamente alle carni rosse come il brisket. Tutto vero, legno eccellente, ma da tempo l’ho abbandonato per amore della betulla. Personalmente credo che per un palato “educato” sia fin troppo.
Ulivo:
un legno duro come gli altri. C’è chi ne avverte note peculiari e lo consiglia come must per dare un tocco in più a preparazioni nostrane come la fiorentina. Personalmente lo reputo semplicemente un legno duro abbastanza pungente.
Pecan:
Un altro legno che amo. Tra tutti i legni duri probabilmente il più profumato e riconoscibile, utilizzabile tranquillamente anche su carni più delicate e amato da moltissimi pitmaster. Come ogni cosa “facilmente riconoscibile”, si ama o si odia. Difficile ignorarlo.
I legni medi:

Play our ribs!
Nei legni medi possiamo inserire praticamente tutti i legni provenienti da alberi da frutta.
A differenza dei legni duri, che si spostano sulla linea dell’intensità ma fondamentalmente restituiscono un profumo ed un colore abbastanza costanti, riguardo i legni più morbidi e fruttati potremmo sostenere (in maniera molto generale, giusto per dare un termine di paragone) di trovarci di fronte ad una intensità morbida abbastanza costante, che si contrappone ad un apporto aromatico e cromatico che può differire molto da un legno all’altro. Per citare i più famosi in assoluto, ovvero melo e ciliegio, possiamo senza ombra di dubbio affermare che siano estremamente riconoscibili sia come profumo in sé, sia in quanto ad “apporto cromatico” donato alle nostre preparazioni.
Per tornare al garzone di Big Poppa, il ciliegio è amato perché colora di rosso, mentre il melo lascia un caratteristico alone “dorato”. Entrambi i colori ormai indelebilmente presenti sulle sonde dei miei termometri.
Oltre ai celebri melo e ciliegio, possiamo annoverare tra i legni medi anche pesco, pero, albicocco, arancio e molti altri.
Personalmente, nell’ottica di “intensità abbastanza costante”, tra questi davvero vi consiglio di provare liberamente e successivamente scegliere in base all’esperienza, alla preparazione ed al risultato che volete ottenere. Difficilmente farete la scelta sbagliata, ma ci sono scelte più giuste di altre, per ogni preparazione.
I legni delicati:

Delicate shrimps
Tra questi citerei Ontano e Acero con il Cedro “fuori concorso”.
Legni molto diversi tra loro sotto molti punti di vista ma simili nella loro delicatezza, che li rende adatti a piatti in cui il fumo deve essere un complemento marginale per non sovrastare la materia prima, come il pesce o le carni bianche.
L’ontano
è quello dei tre più simile ad un legno duro sia come profilo aromatico che cromatico. Restituisce un colore scuro alle pietanze e dona il classico profumo di “affumicato neutro”. A differenza dei legni duri, però, la sua affumicatura rappresenterà solo un accenno.
L’acero
pari all’ontano, è un legno molto delicato. Rispetto all’ontano rimane più dolce e, come per il pecan, lascia un profumo caratteristico che si ama o si odia.
Il cedro
principe delle planks, tra i tre è il più mediterraneo, capace di donare un aroma agrumato persistente ma non invadente. Una cosa che molti non sanno è però che l’utilizzo del cedro per una affumicatura tradizionale che non sia planking è altamente sconsigliato.
Il Cedro è infatti un legno molto resinoso e mentre in una cottura in planking lo posizioniamo a distanza dalle braci, di fatto “asciugandolo lentamente” in modo che fuoriescano gli olii essenziali che ci interessano per le nostre cotture, un utilizzo “tradizionale” con pezzi di cedro ancora “ricchi” lanciati tra le braci a bruciare, ci restituirebbe un fumo nero e altamente sgradevole. Potete tenere come eccezione l’utilizzo per affumicatura delle vostre planks esauste. In quel caso possiamo essere quasi certi che le resine e gli olii si saranno già abbondantemente consumati, pertanto dovremmo poterlo utilizzare abbastanza serenamente (io lo faccio).
Oltre ai legni citati ne esistono molti altri che ti invito a scoprire autonomamente, così come non dimentichiamo che è possibile utilizzare anche elementi diversi dalla legna, come ad esempio erbe aromatiche, pannocchie, gusci di frutta secca come mandorle, noci o pistacchi, tranci di vite e molto altro.
Ti direi insomma di sperimentare, ma se sperimentare è la tua idea, prima di lasciarti a briglia sciolta devo quantomeno darti alcune indicazioni.
Generalmente si utilizzano per affumicare legni duri. Abbiamo visto che possono essere più o meno duri, ma rimangono ben differenti dai legni “morbidi” ovvero quelli che contengono molta aria e linfa, che equivalgono ad una bruciatura veloce ed a un profumo nella migliore delle ipotesi sgradevole.
Ci sono legni che possono essere tossici, e pertanto segnateli tra quelli da NON UTILIZZARE MAI:
Pioppo, Cipresso, Olmo, Sambuco, Eucalipto, Abete, Cicuta, Pino, Sequoia, Sicomoro, Larice.
Questi sono solo alcuni nomi di legni non adatti. Ovviamente NON li ho provati ma ne ho trovate tracce convergenti in numerosi e differenti siti internet. In ogni caso:
Come regola generale, stai alla larga da:
- Legni resinosi
- Legni contenenti tossine
- Scarti di legname
- Legno trattato chimicamente
- Legno tinto
- Legno ammuffito
Se ti trovi per le mani un legno non elencato in questo articolo o peggio un legno della quale provenienza non sei sicuro, non utilizzarlo fino a che non hai potuto stabilire esattamente di fronte a che legno ti trovi e se sia o meno opportuno il suo utilizzo. (Google è tuo amico)
Corteccia: Si o No?
Non esiste una risposta certa ma esiste il buon senso. Analizziamo quello che sappiamo:
L’utilizzo della corteccia potrebbe avere effetti collaterali? Si, ma anche no.
L’utilizzo della corteccia mi dà qualcosa in più in termini di sapore/profumo/colore? Certamente no.
Le cose stanno così:
La corteccia ha diverse controindicazioni di cui tener conto.
- Rispetto al cuore del legno duro ha una struttura molto morbida e porosa. Per questo motivo potrebbe incendiarsi facilmente e in maniera del tutto irregolare, provocando innalzamenti di temperatura non voluti.
- All’interno della corteccia potrebbero esserci più facilmente resti di animali, uova o altri elementi maleodoranti in cottura
- La corteccia ha una capacità maggiore, rispetto ad altre parti dell’albero, di assorbire inquinanti presenti nell’aria o eventuali medicinali e pesticidi.
Queste “controindicazioni” non sono necessariamente presenti sempre. Tu potresti avere un albero con corteccia regolare, essere certo che non contenga resti di animali e che non abbia assorbito inquinanti. Bene! In questo caso, taglia pure il tuo pezzettino di legno e usalo senza patemi.
Di contro, se non sei sicuro, basta un coltellino o una piccola ascia per toglierti il dubbio, assodato che da un punto di vista “gastronomico”, puoi solo peggiorare. Di certo “avere la corteccia” non ti darà nulla in più salvo esserti risparmiato lo sbattimento di toglierla.
Stagionatura: È vero che il legno per affumicare deve essere stagionato?
Si, è vero.
La linfa contenuta in un pezzo di legno ancora “vivo” può produrre fumi fastidiosi o tossici, inoltre potrebbe persino bruciare in maniera repentina. Aggiungo però che oltre la stagionatura, è importante anche l’asciugatura. Il legno per affumicare correttamente non deve solo essere stagionato ma anche secco.
L’umidità, infatti, non è amica dell’affumicatura.
Il vapore acqueo innanzitutto può fare da vettore a polveri ed altri inquinanti che si depositeranno sulle tue pietanze, ma soprattutto potrebbe rappresentare un fake smoke.
Il legno inizia a “fumare” una volta raggiunta una certa temperatura, non prima. Assumiamo che sia una temperatura intorno ai 300°C. Ma se questo legno è bagnato, inizialmente porterà in evaporazione l’acqua, oscillando intorno ai 100°C, solo successivamente inizierà a scaldarsi fino ad arrivare al punto di fumo. Tuttavia, anche nella parte iniziale tu vedresti questo bel “fumo bianco” salire bello denso. Peccato sia quasi esclusivamente vapore acqueo!
Questo significa che del tuo tempo di affumicatura fissato, ipoteticamente, in un’ora, potresti in realtà avere davvero affumicato magari per la metà.
Quanto e come impatta il fumo sul mio cibo? Affumicatura e smoke ring sono collegati?
Oh che bello, adoro il profumo dei flame al mattino!
Iniziamo a distinguere queste due faccende.
Una cosa è il sentore di affumicato, un’altra cosa è lo smoke ring.
Entrambi sono indipendenti, il che significa che entrambi possono essere presenti in assenza dell’altro.
Un alimento affumicato a freddo avrà eccome il sentore di affumicato, pur senza avere lo smoke ring, mentre un alimento cotto dopo essere stato esposto ad alcuni elementi chimici (pensiamo ad esempio al salnitro) potrebbe avere smoke ring anche in assenza di fumo.
Tuttavia, la confusione tra questi due elementi, unita al passaparola, a traduzioni errate ma soprattutto alla mancanza di una propria esperienza, ha fatto si che si generasse un falso mito alquanto imbarazzante:
La carne assorbe fumo solo fino ai 55° gradi interni, perché poi le fibre si stringono e il fumo non riesce più a entrare.
Non è così. Questo riguarda esclusivamente lo smoke ring. Parliamo un attimo di quest’ultimo in modo da porre due basi, poi ci torniamo.
Come sapete, essendo un esperto di barbecue, non amo che si parli di chimica più di quanto si parli di barbecue, quindi mi limiterò ad un accenno banale e superficiale per poi approfondire la parte che ci interessa di più. Eventuali appassionati della materia possono avere sicuramente maggior soddisfazione leggendo articoli di luminari come il prof. Bressanini.
Lo smoke ring:

brisket kissed by smoke
Come abbiamo sentito fino alla nausea, alcuni elementi generati dalla combustione (NO-monossido di azoto e CO-monossido di carbonio ) interagiscono con una molecola della carne chiamata mioglobina, (volgarmente) responsabile del colore della carne. Ciò che ci è sufficiente sapere è che questi elementi si depositano sulla carne, penetrando lentamente, fissando il colore della carne con cui vengono a contatto.
Quando la temperatura della carne aumenterà, quest’ultima cambierà colore così come abbiamo sempre visto nella nostra vita, passando da un rosso acceso ad un colore sempre più bruno, fino a diventare grigia quando ben cotta, ma questo NON accadrà nella porzione di carne “toccata” da monossido di azoto e monossido di carbonio, dove resterà rossa generando lo smoke ring.
In questo senso, possiamo dire che sicuramente nella creazione dello smoke ring impatta il tipo di combustibile, capace di generare più o meno NO e CO. Possiamo dire altresì che impattino temperatura ed umidità della carne, in quanto è stato ampiamente dimostrato che questi residui di combustione aderiscano più facilmente su superfici fredde e bagnate. Ma DOBBIAMO dire, perché non si dice così spesso, che impattano in maniera importante I TEMPI.
Molti consigliano di partire con la carne fredda da frigo, in modo da avere un migliore smoke ring. Perché? Ragioniamoci…
Facile: perché ci metterà più tempo a raggiungere quella temperatura in cui la carne inizia a cambiare colore (diciamo dai 60° a salire) ed in questo tempo sarà maggiore la quantità di NO e CO che si poggerà su di essa.
Smoke ring in una L&S:
Ma assumendo questo, possiamo sostenere, di conseguenza, che una cottura L&S doni uno smoke ring più pronunciato rispetto ad una cottura H&F? Basandoci appunto sulla teoria per cui “più tempo passa prima che la carne ingrigisca, più CO ed NO assorbirà, più porzione di carne avrà il colore fissato sul rosso”?
Sì, direi di sì! Anche se più che “più pronunciato” sosterrei “più profondo”. CO ed NO hanno più tempo per penetrare la carne, quindi vanno più in profondità, con una sfumatura graduale.
E cosa accade quindi durante una cottura H&F?
In questo caso la carne avrà molto meno tempo per assumere CO ed NO, i quali scenderanno di certo molto meno in profondità.
Di contro, le temperature più alte potrebbero portare ad un maggiore consumo di combustibile, soprattutto se partiremo con una rampa (quindi con un calore in costante crescita rispetto ad un calore già “stabilizzato”), quindi probabilmente ad una maggiore produzione di NO e CO.
Con queste condizioni avremo probabilmente uno smoke ring sottile ma “più netto”.
Ricapitolando… a parità di combustibile, temperatura della carne e umidità, la L&S ci darà uno smoke ring più profondo e sfumato, mentre l’H&F ci darà uno smoke ring più sottile ma più netto e intenso. Ci avevi mai pensato?
Ci sono altre due curiosità interessanti legate allo smoke ring:
Esiste una differenza nella “creazione dello smoke ring” anche relativa al dispositivo utilizzato?
La risposta è sì.
Un ciocco di legno che brucia con fiamma genererà più NO e CO di quanto possa generare il carbone. Con lo stesso criterio, un carbone nel pieno della sua accensione, mentre è bello arancione, genererà più NO e CO di un carbone “in mantenimento”. Prendendo per buono tutto questo, e sostenuti dall’esperienza, possiamo affermare senza problemi che un offset contribuirà alla creazione di uno smoke ring maggiore rispetto ad un bullet smoker il quale ne genererà uno maggiore rispetto ad un Kamado.
In sostanza, più il dispositivo è piccolo ed efficiente, più andrà in “mantenimento”, meno NO e CO genererà, meno smoke ring avremo.
Che differenza c’è tra i tipi di fumo? Meglio un fumo denso o il famoso thin blue smoke?
Dipende! Il tuo obiettivo è dare sentore di fumo o dare smoke ring? Perchè davvero sono due cose diverse.
Prendiamo il nostro famoso chunk di ciliegio, e ipotizziamo di gettarlo tra le braci.
Nel primo caso chiuderemo immediatamente il coperchio, lo sportello, e tutto quanto porti ossigeno. Dopo poco tempo vedremo il nostro chunk fumare con una certa consistenza. Un bel filo di fumo bianco che sale ben visibile.
Nel secondo caso, lasceremo lo sportello del nostro bullet, o il nostro coperchio, aperto finchè il nostro chunk prenderà fuoco. QUESTO fumo che vedremo salire, quasi impercettibile, è il thin blue smoke. Lo vedi e non lo vedi, ed è dovuto alla vera combustione, non alla combustione parziale. È, per intenderci, il fumo prodotto dai logs negli offset, il vero fumo del BBQ americano tradizionale.
Qual è la differenza tra i due casi riportati?
Nel primo caso avremo “fumo da affumicatura”. Quel fumo denso “insaporirà” decisamente la nostra carne, e lo sentiremo al naso ed al palato.
Nel secondo caso, invece, avremo “fumo da smoke ring”. La vera combustione, infatti, genererà decisamente più CO ed NO, pur se a discapito di un pò “di aroma” perso per strada. D’altronde nel BBQ tradizionale americano, quindi offset in L&S, si affumica a legna dall’inizio alla fine, e per quanto delicato, dopo 7/8 ore almeno garantisco che si sentirà anche questo!
Ti tornano i conti?
Ora possiamo tornare alla nostra triste verità:
Il mito secondo cui la carne assorbe fumo solo fino ai 55° è una bufala che in realtà riguarda solo lo smoke ring.
Perché si è diffuso?
Perché si è partiti dal preconcetto errato che “il fumo colori”, e siccome una carne già cotta oltre i 55° non si colora più, si è pensato che non assorba fumo.
La realtà invece è che i depositi di NO e CO non “colorano la carne”, bensì le impediscono di cambiare colore con l’aumento di temperatura. È molto diverso!
Cosa significa? Significa, ripetiamolo, che manterranno al colore originale (più o meno intenso) la porzione di carne in cui sono penetrati. Tutto il resto della carne, non a contatto con questi elementi, al raggiungimento di determinate temperature cambierà colore come è naturale che avvenga.
Questo NON significa che fumo, NO o CO non possano ancora penetrare all’interno, significa solo che se anche penetrassero non lascerebbero un segno cromatico, in quanto il processo di “scolorimento” dovuto alla cottura è irreversibile, ma potrebbero benissimo lasciare un segno olfattivo o gustativo.
Una conferma di questa teoria, non nata in laboratorio ma dall’esperienza, ce la dà il Maestro del brisket Aaron Franklin.
In un suo famoso video su youtube, parlando del texas crutch (il metodo secondo cui ad un certo punto della cottura si pongono gli alimenti in foil o butcher paper, generalmente per oltrepassare lo stallo) lui dice chiaramente che valuta di volta in volta se fare foil o meno, e non tanto riguardo un eventuale stallo, quanto in base alla quantità di fumo che la carne ha già preso. Se ha sentore che qualche pezzo abbia già preso il fumo necessario, lo protegge dalla sovraffumicatura mettendolo in butcher paper. Se il fumo non penetrasse più oltre i 55° non ne avrebbe bisogno, no?
Quanto affumicare?
Una volta assodato che il fumo non smette di essere assorbito, dobbiamo essere noi a darci un limite.
Come ho scritto nei primissimi passi di questo lungo articolo, il fumo è un ingrediente a tutti gli effetti.
Stare scarsi o esagerare con il fumo è assimilabile a stare scarsi o esagerare con il sale… un dramma!
Beh, una “regola non scritta” suggerisce di affumicare per circa 1/3 della cottura. Francamente credo poco a questo genere di etichette. Innanzitutto 1/3 di una cottura L&S su un brisket sono probabilmente 3 ore, mentre 1/3 su una cottura H&F sono circa 1,5. Quindi staremmo affumicando, lo stesso pezzo di carne, per due tempi che sono l’uno il doppio dell’altro. In tutto ciò non abbiamo minimamente tenuto conto di che legno stiamo usando, su che taglio di carne, a che temperatura.
Davvero, non ha senso dare tempi certi. Quello che posso dire è che:
- Se parliamo di carni rosse, un tempo nell’intorno delle 2 ore è ragionevole come base di partenza da cui partire;
- Se parliamo di carni bianche dobbiamo, a mio parere, stare sotto l’ora;
- Se parliamo di alimenti ancora più delicati come il pesce, parliamo di minuti.
Eh, ma le affumicature a freddo del pesce durano giorni!
Si, assolutamente, ma NON è la stessa cosa. Innanzitutto il legno utilizzato per quelle affumicature (spesso ontano) è davvero delicato, inoltre quel tipo di affumicature si fanno all’interno di “stanze apposite” in cui la concentrazione di fumo nell’aria è infinitamente più bassa rispetto a quanto possa avvenire in uno smoker. Sono due cose totalmente diverse.
Mi rendo conto di essere andato lungo ma sono felice perché ora dovresti avere possesso di tutte le informazioni che ti servono per guardare all’affumicatura con le basi e lo spirito critico che ti consentano di goderti la cottura senza l’ansia di giocare al piccolo chimico.
Facciamo un veloce recap:
- Esistono vari strumenti per affumicare
- Esistono vari “tagli” di legno per affumicare
- Esistono vari “aromi” di legno per affumicare
- La corteccia potrebbe non far male ma averla non serve a nulla
- Stagionatura e disidratazione sono necessarie
- Lo smoke ring è bello ma NON È IL PARAMETRO per misurare l’affumicatura
- Lo smoke ring è condizionato da una marea di fattori
- L’affumicatura va ben oltre i 55° interni
- I tempi per l’affumicatura variano molto in ragione dell’alimento e del legno usato.
Credo davvero di averti detto tutto. Con questi accenni sull’affumicatura direi concluso il percorso “tecnico” della serie rookie.
Di certo ci saranno ancora articoli per te, parleremo di accessori, dispositivi, ma credo che tu dopo aver letto tutto abbia le spalle abbastanza larghe per cercarti ricette, leggerti libri, divertirti senza l’ansia di “non capire di cosa si stia parlando”.
È ora che inizi a sporcarti le spalle di cenere!
#wearebroshog