Ci sono gare più semplici di altre da raccontare, ma non è il caso di BardoQ 2.
La vittoria porta entusiasmo e voglia di condividere, la sconfitta bruciante ti dà la possibilità di sfogarti e nel contempo analizzare la disfatta, ma queste interpretazioni da “metà classifica” sono le più dure perché non hanno particolari picchi né personalità, un po’ come il mio pollo, di cui parleremo tra poco.
Il contest
Bardo-Q è stata la terza competizione italiana di questo 2018, che è partito davvero alla grande nel Bel Paese ma che pare vivrà una seconda parte di stagione da spettatore; non è facile organizzare un contest in Italia, e lo sa molto meglio di me chi questo onere lo ha assunto sulle proprie spalle.
1) L’Italia ha una burocrazia da fare accapponare la pelle.
2) L’Italia rappresenta per il mondo del BBQ internazionale quello che il Belgio rappresenta nel calcio… qualche ottimo player, generalmente giocano bene, ma il loro campionato non è ancora di livello internazionale.
3) A causa del punto 2, i grandi sponsor internazionali cominciano solo ora ad avvicinarsi timidamente ai team più blasonati (ma non ancora alle competizioni) e i nomi più o meno grandi che sono già in Italia vivono alla giornata senza riuscire ad immaginare ciò che potrebbe diventare (anche economicamente) il BBQ italiano se oggi investissero del proprio anche nel mondo competitivo.
Ciò che ne consegue è che una persona che accolga su di sé l’onere di essere organizzatore diventa in breve tempo un martire tirato dalla giacchetta da team, enti, sponsor, giudici e chiunque altro voglia da lui risposte.
Non è facile.
Bardo-Q, organizzata con grandissima passione e notevole impegno da Giorgio Violino in un luogo veramente paradisiaco come Bardonecchia, è stata non si sa per quale motivo “snobbata” dai giudici, che si sono presentati in pochi e con discrete pretese.
A tutti piacerebbe il mondo perfetto, pure io vorrei essere bello, ricco, ed avere un trailer enorme con cui partecipare a tutte le gare del mondo, spesato, senza dovere andare a lavorare.
Il problema è che ho scelto di fare le gare, e le faccio a spese mie. Si, è vero, oggi abbiamo degli sponsor, ma è anche vero che per arrivare a questo punto abbiamo speso quanto, 50.000 euro in tre anni, per operare il salto da “team rookie” a “team che merita uno sponsor”?
Fare il giudice non è un mestiere, è una passione tanto quanto quella di essere un team.
Anche io mi auguro che un giorno i contest italiani diventino ricchi e prosperosi come alcuni contest all’estero, ma per ottenere questo tutti devono aiutare il circuito, investire nel circuito.
Esattamente come un team investe su sé stesso per diventare “popolare”, organizzatori, aziende del settore e giudici devono investire sul circuito per farlo diventare appetibile.
Perché se fare le gare sarà più semplice, le gare aumenteranno.
Se le gare aumenteranno, avranno maggiore visibilità e nasceranno nuovi team.
Se tutto questo accadrà, arriveranno gli sponsor veri, e allora si che i giudici li metteremo a conto spese.
Questo è il mio punto di vista personale.
Un organizzatore non può dover impazzire per cercare giudici. Gli fa passare la voglia.
Così come ai giudici presenti (e ai team) magari fa poco piacere avere un giudizio su due tavoli.
Non mi interessa essere impopolare in questo, anche se tra i giudici ho tantissimi amici.
In questa occasione, non so perché, ma non avete fatto una bella figura, soprattutto nei confronti dei vostri colleghi che hanno partecipato come sempre senza alcuna riserva.
La nostra gara
Per noi non è iniziata sotto una buona stella. A due giorni dal contest scopro che non avrei avuto la disponibilità del furgone che normalmente ci prestano per le gare in Italia. Merda. Il colpo di genio a dire la verità viene ad Ale: “prova a chiedere agli Sticky che hanno il camion grande”. È bastata una chiacchierata con Marco Galbusera per risolvere tutto (qualcuno davvero ha qualcosa da dire sulla solidarietà tra team?)
La mattina di sabato Marco arriva, operiamo un carico camion che i pit stop in Formula 1 possono accompagnare solo e andiamo a prendere il buon vecchio Muscas che sale sul camion e mi mette letteralmente in mezzo, stretto tra due Sticky.
Si parla di barbecue, di gare, di progetti, di futuro, si ironizza su chi vincerà una gara in cui tutto sommato entrambi pensiamo di poter vivere da protagonisti.
Giunti sul posto, scopro in brevissimo tempo di avere sottovalutato in maniera drammatica il sole in quota.
Sapevo che sarebbe stato bel tempo, ma la settimana prima nevicava, l’anno scorso si stava bene ma comunque c’era vento, invece questo weekend le vendite di creme solari hanno avuto un incremento del 90% ed io ero senza pantaloncini corti!!!
Il pomeriggio del sabato passa quindi a cercare dei pantaloncini, poi a sistemare trimming e seasoning, per arrivare alla sera dove l’Italia si è mostrata in tutto il suo splendore.
Carbonara dagli Italian Style,
Bombette e taralli e un miliardo di altre cose dai Burnt Bros
Torta da Marco Agostini (gentilmente offerta da Matteo Pesce)
Alcol da chiunque.
Le gare in Italia sono davvero splendide, sappiamo creare armonia come nessun altro, è stato un sabato davvero piacevole.
Peccato che in tutto questo festeggiare abbia dimenticato il pollo nel camion frigo a -2.
Ops.
Al mattino di domenica, sveglia presto come di consueto e mi reco sul campo gara col doc.
Mentre io tento di recuperare il tempo perduto con il pollo, il doc mi fa “ma sto legno lo sento strano, senti che odore pungente..”. Inizialmente non mi spiego, ma dopo un po’ capisco.
La sottile differenza tra bleech e birch.
Ri-ops (ma tanta tanta stima per il naso del Doc).
Anche ribs e brisket non ci fanno stare proprio sereni. Lo smoker delle ribs fatica a salire di temperatura, il brisket perde qualcosa nella fase di rest, ma tutto sommato l’esperienza di 26 contest alle spalle ci consente di andare al turn in soddisfatti.
Il pollo esteticamente non mi piace.
Non è brutto, eh, però a livello appearance non riesco a trovare un layout che mi soddisfi in relazione ai pezzi che ho.
Ci perdo una decina di minuti su quel box, roba da team amatoriale.
A livello di tenerezza ci siamo, a livello di gusto è un pollo “standard”, voluto in ragione di qualche comment precedente che puntava il dito contro una eccessiva piccantezza.
Le ribs hanno un taste ottimo, pagano qualcosina in tenderness e in appearance ma parliamo del sesso degli angeli.
Il pork è eccellente, degno fratello del 180 di Noventa di Piave.
Il brisket è il mio brisket. Non il mio miglior brisket, ma so che è da podio.
Dopo la consegna, quando normalmente ci dedichiamo in maniera veloce a rassettare tutto, è il momento della mistery.
Come tutti sanno noi non facciamo mai le extra. Preferiamo viaggiare scarichi, finire prima, inoltre abbiamo una particolare avversione verso le mistery, proprio per il fatto che necessiterebbero di “più cose da portarsi dietro” non conoscendo appunto cosa si dovrà affrontare.
Facciamo delle eccezioni nei casi in cui sappiamo che l’organizzatore ci tiene, come in questo caso, per cui ci siamo sbattuti per “consegnare un piatto”, che alla fine si è tramutato in un qualcosa di commestibile, anche buono al sapore, ma irrimediabilmente brutto e poco curato, arrivato ultimo.
La mistery consisteva essenzialmente in della pasta all’uovo, già tirata, dello sponsor Re Agnolotto.
Un prodotto eccellente con cui avremmo potuto fare pasta ripiena, lasagne, cannelloni, qualsiasi cosa, anche utilizzando gli avanzi delle preparazione bbq.
Una bellissima preparazione, tutto sommato, ma la mia domanda a questo punto è: perché una mistery?
Uno sponsor di questa qualità non sarebbe stato meglio esporlo dal primo momento, con una categoria definita, in modo da consentire a tutti di presentare qualcosa di eccellente valorizzando il prodotto stesso?
Non è una critica ma uno spunto di riflessione per il futuro.
Le calls
Partendo dal decimo posto, su quindici team, francamente ci aspettiamo calls in tutte le preparazioni.
Il pollo sale, sale, sale, so che il mio pollo è da 5/6 posto, per cui superata quella zona comincio ad immaginare il peggio: non sono dove dovrei essere, oggi sarà quindi il giorno della fatina buona o della fatina cattiva?
Quando al primo posto viene chiamato Dragon BBQ capisco che oggi è toccato alla fatina cattiva.
Ci sta, in altre occasioni sono stato più fortunato, anche se poi, guardando gli score, fatico davvero a comprendere un giudizio così penalizzante.
Sul taste potrei aver pagato la mancanza di personalità, mentre la tenderness era molto buona, a meno che quell’attesa per sistemare al meglio l’appearance non ci sia costata davvero cara.
Le ribs vengono chiamate all’ottavo posto; sapevamo che erano da call, probabilmente non da walk, è un risultato tutto sommato in linea.
Il pork era un gran pork, veramente ottimo, e venivamo da un 180.
Veniamo chiamati al quinto posto.
La delusione c’è. La delusione poi si tramuta in stupore quando leggiamo lo score.. 169. Non ci credo. Si può arrivare 5 con quel pork, per carità, se gli altri fanno 178/180 e tu fai 175. Siamo davvero stupiti.
Stessa cosa accade sul brisket, chiamato al terzo posto. Il terzo posto è dove doveva essere, non mi aspettavo di più, ma 170 (da primo del tavolo) è davvero un sottomedia per quel brisket.
Perdiamo una decina di punti su queste due preparazioni (con cui comunque non avremmo vinto) e l’unica cosa che ci viene da pensare è che i giudici siano arrivati alla fine veramente stanchi dopo una sessione di giudizio così impegnativa, essendo solo due tavoli a giudicare circa 8 piatti a testa per ogni preparazione.
Quando è il momento delle overall, sappiamo che il GC è una questione tra Smoking Bad (autori di una gara mostruosa con tre calls altissime e una bassa) e Barktenders (con 4 call mediamente alte), e che a noi spetta un posto dal 5 al 7 posto.
Anche in questo caso ci manca un po’ di fortuna e chiudiamo settimi. Probabilmente la nostra dea bendata era ancora scarica dopo Noventa, è una cosa che è assolutamente normale e sarà sempre più accentuata con l’aumento del livello dei team in gara.
Gli amici del Bootcamp
A proposito di questo, continuano le enormi soddisfazioni per i “nostri team”, quelli che escono dal nostro bootcamp (se non sai di cosa stiamo parlando leggi qui: Bbq Bootcamp) e continuano ad inanellare successi:
A Bardo abbiamo sul chicken un secondo posto di Sergio Assolari degli Italian Style, sulle ribs un 5 posto degli Smokey Job, sul pork un 3 posto dei Griller Instinct e sul brisket un 7 posto di Francesco Russo dei Burnt Bros (alla loro prima gara in assoluto).
In Wbqa l’apoteosi, con il Grand Champion dei nostri grandissimi amici All you can smoke, il secondo GC su due contest in quel circuito per team provenienti dal bootcamp.
Grazie mille ragazzi per aver reso questo weekend più dolce!!!
Ora ci aspetta qualche settimana di riposo prima di un mese veramente duro con ben tre contest doppi in tre nazioni diverse ad aspettarci.
Vedremo di farci trovare pronti!!!
Grazie ai nostri main sponsor
Federico Dal Lago
#wearebroshog